Progetto di legge – Licenza di pesca ILARE

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Pur avendo ricevuto numerose frecciatine da alcuni personaggi che popolano la rete internet, abbiamo deciso, di comportarci come l’acqua salata sulle giacche da wading, cioè di farcelo scivolare addosso.

Come disse un’amico, questo spazio si chiama favole di acqua salata, non FAIDE di acqua salata. Non cerchiamo nessuno, non offendiamo nessuno, raccontiamo solo ciò che succede a pesca quando il tempo lo concede. E non ci interessa nemmeno entrare in meccanismi che non sono consoni al nostro modo di comportarci, anche al di fuori del mondo della pesca.

Ma, dopo aver messaggiato con mister Murrungio, per conoscere la sua identità, ho deciso di concederli, nel rispetto dell’etica precedente, di poter pubblicare ciò che vuole. Se la polemica non fa parte del mio essere, così freddo e calcolatore, lascio a lui il drappo delle guerre, che ogni pescatore, indistintamente dalla tipologia di pesca, combatte ogni giorno.

Ed anche se a pesca non si agganciano treni,(ma pesci), non importa. Importa soltanto quanto riesci a rilassarti prima di tornare alla routine giornaliera, rea di mietere più vittime di ogni altra cosa.

Ma lasciamo lo spazio a Mr Murrungio.

Matte

Per quanto molte persone si riempiano la bocca con frasi del tipo “i soldi non sono tutto” la realtà non è così.

La recente notizia della “tassa” o “licenza” o chiamatela come volete inerente la pesca ricreativa, ha dimostrato quanto gretto sia l’animo di un buon 90% dei pescatori e degli spinner in particolare, cioè quelli mediamente più attivi nei social network. Spesso a pesca mi son sentito appagato, per una bella cattura, per aver visto il mare, per aver visto albe e tramonti mozzafiato, per aver visto angoli di natura quasi incontaminata. E spesso tornando a casa mi son sentito sereno, rigenerato, considerandomi fortunato. In questo senso ho sentito di essere ricco, perché i soldi da soli, senza poter godere di queste piccole grandi cose non servirebbero a nulla.

Metterei la mano sul fuoco sul fatto che molti di voi che leggerete avrete provato spesso queste sensazioni, magari dopo esservi spinti in solitaria su una scogliera sperduta, stile “viandante sul mare di nebbia”. Per questo cerco di tutelare questi posti e di conservarne la magia. Cosa che purtroppo non fanno tutti.

Andate in una delle scogliere più sputtanate del sud-ovest Sardegna, e guardate il lerciume fatto da bottiglie, starlights, plastica varia lasciato sugli scogli. Son sicuro che quegli stessi sotto-uomini che hanno ridotto così quel posto si saranno come minimo indignati alla notizia della licenza di pesca.

Perché la ricchezza che non si può quantificare in denaro, per loro, non è ricchezza. Perché lo sport tipico tricolore non è il calcio, è il menefreghismo. Si guarda al proprio orticello fatto di smartphone, I-phone, macchine sempre lucidate, di quegli status symbol piccolo-borghesi per cui molti si svenano, spendono e in quanto mercificabili e organici al consumo, rappresentanti ricchezza. E si ignora il resto, ciò che non si può comprare e di cui molti quindi non ne capiscono il valore.

Non che la proposta di legge sulla licenza di pesca in mare fosse un esempio di buonsenso, anzi. L’idea di foraggiare un comparto che ritengo obsoleto e non più sostenibile dal punto di vista ecologico non mi stuzzicava per nulla. Solo chi il mare lo vive sa quanto la pesca professionale faccia danni e contravvenga alle norme che regolano la pesca del sotto costa. La proposta di legge, per quei pochi che ancora non lo sapevano, era stata presentata da vari deputati dell’area di centro-destra, sotto forma di emendamento da inserire nella prossima finanziaria.

E come già accennato, gli introiti di questa licenza (20 euro per chi pesca da riva, 200 euro per chi pesca dalla barca) sarebbero confluiti nelle casse del Ministero dell’agricoltura per finanziare le associazioni della pesca professionale. Qualcosa di scandaloso. Andare a finanziare una categoria che è in difficoltà per sua stessa colpa, destinandogli ancora più soldi? Pazzia.

Ma ho pensato che in effetti situazioni estreme richiedono soluzioni estreme. L’impoverimento del mare e la maleducazione diffusa potranno mai trovare un argine?

Parto da qualche presupposto. Come categoria la pesca sportiva conta poco o nulla. Le associazioni ad essa legate, di cui si sente parlare, sono rappresentative più degli interessi del settore aziendale, che degli interessi del pescatore medio. E le istanze delle aziende non possono essere quelle del pescatore, anzi molto spesso sono diametralmente opposte. L’azienda, come tale, ha bisogno di allargare il suo bacino d’utenza secondo le regole del mercato, io pescatore ho bisogno che queste bacino sia selezionato ed educato. Come potrebbe avvenire ciò?

L’occasione l’abbiamo avuta. Si sarebbe potuto premere affinché questa licenza venisse tramutata sulla falsariga di quella che tutti i cacciatori sono obbligati a conseguire per l’attività venatoria. Certo ci sono delle differenze sostanziali tra la caccia, in cui si utilizza un’arma, e la pesca. Ma a livello culturale sarebbe stato un importante balzo in avanti. Perché non è possibile che chi pesca non conosca le proprie prede, le loro misure minime, i loro periodi di frega.

Come non è giusto che chi esca a pescare dalla barca non riesca a distinguere un Tonno Alletterato da un Tonno rosso, o non conosca le regole da rispettare quando avvista il segnale di un subacqueo. L’ignoranza non può e non deve essere ammessa. Quindi una licenza a pagamento che serva a certificare una conoscenza minima dell’ecosistema con cui si ha a che fare.  Da conseguire davanti a una commissione regionale tramite un esame. E il costo di questa licenza tramutato in risorsa per garantire più controlli a nostra tutela, per quanto riguarda le quote del pescato e le irregolarità della pesca professionale.

Questa è un’idea, e come tale andrebbe sviluppata con l’aiuto di tanti altri. Certo che se l’unico interesse dello spinner medio è poter avere più quote per il tonno rosso e imprecare contro i fattori esterni senza criticare la propria categoria, progressi se ne faranno sempre pochi. Alcuni non se la sarebbero potuta permettere? Senza infilare le mani in tasca a nessuno, stento davvero a crederci. Non c’è bisogno che vi dica quanti soldi spende il pescatore medio, in attrezzature, esche e gasolio. Basta un esame di coscienza.

Forse la mia è una provocazione, un’utopia, ma la mediocrità intellettuale da cui siamo circondati è senz’altro più insopportabile di un’idea strampalata.”

Mr. Murrungio

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