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Autumn Leaves

La Sardegna regala estati di San Martino particolarmente intense, non è di certo un segreto.

Mi accingo a scrivere queste righe i primi di Novembre, circondato dai 26 gradi che sprigionano un tepore che mi spinge ad avventurarmi in luoghi meravigliosi, conosciuti più dai turisti amanti del trekking che dagli autoctoni.

Ragione per la quale, in queste belle giornate di sole, ho preso giberna e canna da pesca, ed ho iniziato a camminare in sentieri certamente battuti, ma poco interessati dalla pressione di pesca.

E’ un piacere vivere i sentieri della costa ovest, una leggera brezza mi rinfresca il viso, mentre gli odori e le sensazioni si fanno più intense al salire della montagna.

Arrivo ad un bivio, mi fermo. Il soffio del drago è li ad osservarmi. Continuo a camminare. Proseguo per il sentiero, sino ad arrivare, in linea d’area, al punto in cui vorrei scendere.

Abbandono i cartelli per inoltrarmi nei cespugli. Passo un’ora buona a camminare, secondo me, in linea retta, cercando di aprire un sentiero nella bassa vegetazione.

Finalmente, giungo al bordo della scogliera, e sorpresa delle sorprese, scopro una vecchia rete di contenimento. Non è possibile scendere. Sconsolato, mi giro per tornare indietro. Mi accorgo che non essendoci sentieri, la vegetazione è tutta uguale.

Inizio a camminare, è già mezzogiorno passato. Il caldo inizia a farsi sentire, e faccio fuori una delle due bottigliette di acqua che mi sono portato appresso.

Ritenendo di camminare in linea dritta, finisco all’interno di un ginepraio. Torno indietro. In linea d’aria, so da dove sono venuto, quindi cerco di trovare la costa per percorrerla bordo bordo.

Trovo per caso una strada sterrata. Ben fatta, sembra scendere verso la strada asfaltata. Cammino per una buona mezz’ora sino ad arrivare al terreno di un pastore.

Sento le macchine passare poco lontano da me.

Penso, “è fatta, mi basta attraversare il terreno di fronte,e posso seguire la strada sino al parcheggio”.

Scavalco la rete, e dopo due passi mi sento osservato. Mi giro, e due dolcissimi cagnoloni erano in modalità autovelox, portandomi a considerare l’idea di tornare da dove stavo arrivando.

Proposta accettata, scavalco nuovamente e risalgo il sentiero. Vengo preso da un poco di sconforto, non avendo mappe e non avendo rete nello smartphone. Dura giusto un attimo, il tempo di pensare che se dovessi morire, la banca saldarebbe metà del mio mutuo. E subito mi torna il sorriso.

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Risalgo il sentiero, denudato della maglietta ormai zuppa di sudore, con la pelle divenuta ormai piscina per le mosche e le labbra secche come la sabbia.

Noto il lontananza un albero che aveva attirato la mia attenzione all’andata, una forma strana e decisamente particolare. Cerco di arrivarci il prima possibile, considerata l’ultima ancora di salvezza dopo due ore di girovagare nel nulla assoluto.

Mai più utile fu la spesa per delle scarpe adatte alla scogliera. Come un caterpilar rullo ogni ostacolo sul sentiero, accorgendomi solo successivamente di quanta pelle ho lasciato sugli arbusti.

Arrivo all’albero. Vedo i segni sulle pietre, che indicano il cammino da percorrere per non smarrire la via. Ringrazio e vado avanti.

Nel tornare, dall’alto, noto un punto dove poter scendere.

Seppur siano quasi le quattro, ritengo di meritarmi due lanci,e considerata la temperatura dell’acqua e la quantità di lampughe di questa annata, lancio il mio jig comunque fiducioso di quanto possa accadere.

Pochi lanci ed ecco il tonnetto alletterato che mi consente di timbrare il cartellino.

Non è enorme, ma perlomeno è divertente. Faccio due foto di rito, e con poca gentilezza, considerata la scomodità della cala in cui mi trovo, lo lancio letteralmente in acqua.

Seppur piccolo, il fondale interessante ha reso particolarmente divertente il combattimento. Onore a questi piccoli pelagici.

Decisamente soddisfatto, decido di tornare verso la macchina, sporco, sudato e con alcuni kg in meno che riprenderò non appena seduto a pranzo.

Mi mancava esplorare, seppur siano sentieri conosciuti, sino a quando non ci andiamo con i nostri occhi, rimangono zone grigie.

Peccato non avere il tempo per farlo tutti i giorni, ma va bene così.

Ed infine, dopo una bella dormita ed un sostanzioso spuntino, sono andato a fare due lanci in zona portuale, approffitando del favore delle tenebre.

Pochi lanci sono bastati per impegnare la Heracles Vanto, ormai relegata a ruolo panchinaro in favore della più esperta SJR 783 in GLX.

Al contrario del tonnetto alletterato, questa spigola, la prima di questo autunno, è venuta a casa con me.

Sperando in altrettante belle catture, vi mando un’abbraccio!

A presto, zio Patte.

Anacronistico

Tic tac, tic tac,tic tac.

Il tempo vola.

A volte rivolgo uno sguardo al passato, guardo le foto di 15 anni fa, e mi accorgo della quantità incredibile di capelli sulla mia testa. Il tempo passa per tutti.

E nel mio piccolo, per le poche catture che effettuo rispetto a chi dedica più tempo allo spinning, mi ritengo soddisfatto di come ho passato, e di come trascorro il mio tempo libero.

Ogni tanto, su instangram, mi cade l’occhio sulle foto degli altri pescatori. Mi rendo conto di essere anacronistico.

Rispetto a 15 anni fa, il cambiamento è inopinabile. E certamente incontrovertibile. La tendenza ad apparire rispetto all’essere, è la caratteristica comune del nostro tempo.

Tik Toker, Twitcher, con salari straordinari che non producono nessun valore aggiunto, e di questo passo, tra un ventennio, non ci saranno più medici ma solo social addicted.

Era inevitabile che il fenomeno prendesse piede anche nel mondo della pesca.

Le foto degli altri sono bellissime.

Riescono a donare colori che nei pesci pescati da me non ho mai visto. Le pose sono incredibilmente fighe, la luce, il contrasto, le location. Riescono a rendere un matsugoro pescato in un canale lercio di una città di tossici, una cattura meravigliosa da pubblicare sui social.

E poi ci sono io, che non sono capace e ne sono immensamente geloso.

Mi sforzo per attribuire una dignità alle mie foto, ma non riesco. Le spigole suicida dei porti, restano spigole che avevano perso ogni motivo per continuare a vivere.

I barracuda straziati dalla fame, che al cambio di luce ingoierebbero anche il peggiore dei veleni, anche nelle foto restano tali, “sporchi, urlanti e strappati via dalla donna che amano”, direbbe un mito americano.

In definitiva, apparire è meglio dell’essere?

La foto di una coloratissima gallinella di mare vale più di una foto di una spigola portuale? Qualcuno può per favore fornirmi il tabellario con le valutazioni relative all’importanza delle foto?

Sono fuori dal giro da un po, e non sono neanche bravo con i social.

Riesco a malapena a pubblicare una foto su instangram, e questo mi limita molto. Se sono deluso da queste corse sfrenate alla pubblicazione?

No. Largo ai giovani. Ai tempi moderni.

I nostri padri partorivano polemiche sul nostro comportamento, e così sarà per noi con i nostri figli. Siamo prima innovazione, poi storia. Ed infine polvere.

Il fatto di accettare il cambiamento dei tempi, non vuol dire condividerli. Ho appunto alcune riflessioni, che per quanto tali, ogni tanto si trasformano in vere e proprie polemiche da bar.

In alcuni giovani pescatori, è bello vedere la rincorsa alla cattura. All’esplorazione, alle notti insonni, alle sperimentazioni. Io vivo di spot che mi consentono di seguire il lavoro e la famiglia, ma avendo più tempo a disposizione, avrei piacere di visitare alcune scogliere in agenda da anni.

Forse le mie ginocchia non sono della stessa opinione.

Chi ha la forza e il tempo della gioventù, deve necessariamente sfruttarlo. Perchè il tempo vola e non sembra più essere così tanto come alcuni anni prima.

Non mi spiego, però, chi vuole prendere la scala mobile.

Invece di locustare gli spot, spinti dalla voglia di una cattura facile, non è più soddisfacente sperimentare? Lanciare un esca dove ancora nessuno l’ha fatto? Beato chi ha il tempo. Equivale a metà della pescata.

Pescare alla ricerca della cattura della vita la ritengo una filosofia corretta. Cazzo, ogni lancio può essere quello giusto, bisogna crederci ad ogni giro di manovella.

Pescare pensando già alla foto da pubblicare, con il righello in mano, dando via alla gara di chi lo detiene più lungo, forse meno.

Ma ripeto, sono riflessioni, i tempi sono cambiati, io sono cambiato, o forse ho solo qualche ruga in più e la stessa passione per la pesca a spinning di tanti anni fa, dove un barracuda in zona industriale, mi faceva dimentare le secchiate di preoccupazioni.

Continuerò a fotografare, male, ma va bene così. Ogni foto ritrae un momento felice di un giorno qualunque, ed è la somma delle piccole cose, alla fine dei conti, a fare davvero la differenza.

Anacronistico? Probabile. Malato di pesca? ci puoi giocare le palle.

E puntuale come un orologio, tra qualche settimana, un piccolo racconto sulle dannate pesti brasiliane.

un abbraccio, zio patte

sweet child on mine

Autunno.

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Le temperature si abbassano, i paesaggi si rilassano, ed il sole che batteva forte sino a tarda sera, lascia spazio alla notte ogni giorno qualche minuto prima.

Ringrazio ogni giorno della mia vita la fortuna di vivere in Sardegna. Sono conscio del fatto che milioni di voi non hanno, e forse non avranno mai, la possibilità di vivere un alba o un tramonto nei luoghi che per noi sono la routine, ma che quando, causa pandemia globale, non puoi andare al mare per 3 mesi, tornano ad avere l’importanza che meritano, una esplosione di colori, profumi e sensazioni senza i quali non potresti vivere.

Venite in Sardegna. Entrate in punta di piedi e rispettatela. Fate tesoro degli odori, dei colori, delle sensazioni, innamoratevi del mare in tempesta o dell’acqua cristallina, fermatevi un attimo, sedetevi sopra una roccia ad osservare il tramonto e staccate il cervello

Autunno.

Il momento migliore. Il turista occasionale è partito, ha fatto finta di portare il benessere economico, alcuni ci hanno preso per africani, altri hanno capito che non sono a casa loro. Poco importa.

Le spiagge si svuotano, le scogliere lasciano spazio al rumore dei grilli e degli uccelli, l’alba e il tramonto necessitano di una felpina. Si respira un aria diversa.  

Autunno.

E mi prudono le mani. Le sento già in canna. percepisco gli schizzi, le bollate, le allamate, fremo dallo scendere in scogliera. Sono ancora a letto e vorrei essere già sul mare. In macchina le sensazioni si fanno più forti, la discesa in scogliera è lunga ma sembra infinita. Ed una volta giù…

Autunno.

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Le lampughe sono puntuali, un orologio svizzero. Questo anno sono state molte meno degli anni passati. Non ho avuto molte possibilità di andare a cercarle con condizioni ottimali, e certamente, la fortuna di trovarle in kayak, mi ha aiutato nel timbrare il cartellino, però sia come taglia, sia come numero, a sentire anche altri amici che le hanno battute in modo forsennato, hanno tradito le aspettative.

Alcuni hanno associato la riduzione ad un incremento dei tonni alleterati, che tutt’ora si trovano in grande numero sotto le nostre coste. Io che non ho l’esperienza per potermi esprimere, ne ho solo pagato le conseguenze come divertimento.

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Pazienza. L’importante è provarci sempre. L’estate è stata lunga e bellissima, pensavo in un autunno color brasile, e invece, sono riuscito a malapena ad agganciarne una decina, di cui alcune slamate.

La fortuna di essere uscito alcune volte in kayak, mi ha permesso di lanciare sulle bollate. A volte andava bene, altre meno.

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La capacità di questi predatori di passare da un momento di frenesia incredibile a un disinteresse generale verso le nostre esche, le rende tanto affascinanti quanto odiose.

Alcuni giorni, il primo giro è quello buono. Altri, dopo tutta una mattina a lanciare, il giro buono è a sole alto quando ormai le speranze sono perse. Per questo, bisogna lanciare, lanciare e lanciare.

E sul kayak, per me è stato tutto nuovo. L’ho acquistato senza pedali per tenermi in forma e prendere un po di sole, vista l’allergia che ho per le spiagge e per la gente. Alla fine ho ceduto alla tentazione, e ci sono uscito a pesca.

Non essendo un kayak pensato per la pesca, è necessario coordinare bene movimenti e intenzioni, sopratutto con il pesce in canna. Però dopo alcune slamate, ho addrizzato il tiro, e ho issato il pesce a bordo senza troppi fronzoli. Pur avendo il coppo, l’adrenalina è sempre troppa per pensare ed agire in maniera corretta.

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Il primo giorno in cui le ho agganciate è stato bellissimo. Mi sono goduto l’alba comodamente seduto in kayak, mare piatto, assenza di vento. E dopo alcuni giri sotto costa,le ho trovate banchettando sulla minutaglia. Sono stati 15 minuti di follia.

Sparivano, riapparivano, seguivano ma non mangiavano, ma già vederle sotto il kayak, è stata una bella emozione. Chiaramente, le poche lampughe prese sono state tutte rilasciate.

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Immancabile la foto pubblicitaria, con la mai troppo poco compianta 4 Sport Outdoor.

Almeno la lampuga rende la foto interessante.

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Non amo andare a cercare i pesci serra. Questa è una costante.

A volte, è capitato di agganciarli cercando le spigole in mareggiata, altre volte, cercando le spigole dentro i porti, ma non ho mai organizzato un’uscita alla ricerca di quei pesci schifosi.

Il barracuda è peggio. Cerchi le lampughe, a luce, ed esce un barracuda. Cerchi un bello spot con una batimetrica interessante? Ed ecco un barracuda.

Vai a fare colazione? Prendi un barracuda.

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E tra tutte le esche che potevano devastare, hanno scelto sempre il meglio. Con quello che costano le esche serie oggi, il mio consiglio per i giovani è : iniziate a drogarvi. Spenderete sicuramente meno, e avrete meno giramenti di palle tra pesci che non mangiano, scadute perse per impegni improrogabili e personaggi della pesca ampiamente discutibili.

Scherzi a parte, questa è una pesca meravigliosa. Ti spinge ad imparare velocemente l’economia domestica, se non vuoi finire sul lastrico.

Black Minnow, par exemple, docet.

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A volte la taglia interessante colmava la totale mancanza di grazia e bellezza che certamente non si addice al più stupido dei predatori. In altri tempi, avrei detto, meglio di niente, ci togliamo il cappotto.

Oggi dico meglio niente.

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Vi lascio con una foto da cremino,con giubottino da saturday night abbinato a mojito e sigaretta. E non è nemmeno la prima volta che accade, e di certo, non sarà nemmeno l’ultima.

Questo succede quando scarichi la macchina e ti dimentichi di rimettere la giacca da pesca. Non mi salva nemmeno lo sguardo sveglio.

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E dopo questa carrellata di foto, più per documentare che in Sardegna si sta bene (sebbene il covid cerchi di minare le nostre sicurezze), che per fornire un effettivo contributo al mondo trash della pesca a spinning, vi anticipo che il prossimo articolo sarà decisamente più interessante.

Come vive la pesca a spinning una persona che si approccia oggi a questa tecnica ormai praticata da giovani influencer? Può pescare anche senza avere un account instagram? Deve per forza commentare ogni post su facebook? Deve per forza dimenticare la grammatica italiana?

Lo scopriremo prossimamente!

Zio Patte

L’esercito delle lumache

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Foto di repertorio, anno 1966 : Un gruppo di Sardi uniti per organizzare le attività per la stagione invernale e non morire di fame.

Peccato che la foto sia stata scattata ad Ottobre 2018, e la posizione dal 1966 non sia cambiata per nulla. Anzi, per quanto mi riguarda, il contesto esterno è solo peggiorato. Ma è giusto partire dall’inizio, perché quanto state per leggere non sia lo sproloquio di un folle, o perlomeno di un folle senza un pizzico di ragione.

Estate. La Sardegna registra il boom di turisti, seppur i Sardi residenti fuori soffrano un caro trasporti inaccettabile causa una Giunta Regionale collusa ed inesistente, che invece di pensare a chi vive fuori per esigenza e vorrebbe, almeno una volta l’anno, tornare a casa propria, ha in testa solo il prossimo giro di boa elettorale.

Quindi, per non pestare i piedi a nessuno, il camaeleontismo e l’immobilità sono le doti perfette.

Però, a ragion veduta, la Sardegna registra comunque un boom di arrivi. Direte voi, come è possibile non riuscire, visto il paradiso in cui vivete?

Già. Ma esiste un però. Anzi, forse più di uno.

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Seppur gli arrivi siano tanti, la tipologia di turista che soggiorna nella “Sardegna per tutti ” (quindi escludendo la costa Nord Est) è molto particolare e variegata.

Molti italiani, reduci dall’epoca d’oro degli anni 80, hanno investito due lire del tempo per acquistare una casa in Sardegna, ma gli anni d’oro sono finiti, ed oggi, i figli dei figli, vengono a fare le vacanza senza spendere un euro nei locali della zona, portandosi in nave la macchina carica di roba da mangiare e prodotti per la casa, per comprare solo un euro di pane al giorno.

Poco male, il loro contributo lo danno pagando le tasse sulla casa e le utenze di case sfitte la maggior parte dell’anno, ma non voglio aprire un ulteriore triste scenario.

Mentre, i turisti stranieri, per la maggior parte, hanno due motivazioni principali per visitare l’isola : IL MARE e le attività all’aria aperta.

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Chi è spinto a soggiornare nell’Isola per vivere due settimane di vacanza con 40 gradi di temperatura e mangiarsi la pizza la sera, è sempre il benvenuto. Fa lavorare le strutture ricettive, i ristoranti, i Bar, e fortunatamente all’estero gli stipendi sono più alti, quindi quello che viene speso in più per il viaggio dovrebbe essere recuperato con i costi relativamente bassi dei soggiorni.

Ma questo non accade sempre.

A volte il turista viene letteralmente spennato, e la scusa dell’operatore è quella che ci sono troppe tasse, che non si riesce a vivere, che d’estate i prezzi vanno alzati. Si, va bene tutto, ma d’inverno, siamo sicuri che non si riesca a valorizzare il territorio?

 

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E qui subentra la seconda tipologia di turista, colui che viene per visitare l’Isola,  interessato a svolgere attività outdoor sul territorio. Giusto per darvi un idea a livello italiano nel 2017, tra operatori Outdoor, strutture ricettive e servizi alla persona il fatturato è stato pari a .20 MILIARDI DI EURO (DATI ONT 2017).

E qui torniamo all’esercito delle lumache.

Molti operatori turistici lavorano d’estate, e di inverno, si riposano. Per poi lamentarsi che non c’è lavoro, che d’inverno il turista viene solo per visitare le località principali, che tanto è tutto tempo sprecato organizzare qualcosa perché non ci sono arrivi.

Ma siete sicuri di quello che sostenete?

Sapete almeno che Marzo ed Ottobre sono i mesi principali per svolgere attività outdoor di cui la Sardegna è la Regione Regina perché offre il maggior numero di possibilità attive a livello Italiano e tra le TOP 10 a livello Europeo?

Che il nostro territorio può offrire Kite,Surf,Windsurf,Trekking,Sup,etc e la lista potrebbe protrarsi per altre numerose attività?

(Chiaramente esistono già moltissime attività outdoor avviate di questo tipo in Sardegna, noi ne contiamo circa 150, ma ciò che manca è il collante che renda il processo turistico semplice e raggiungibile da chiunque)

Sapete che nel 2017 ci sono stati 12 Milioni di arrivi e 40 Milioni di presenze in Italia, turisti ESCLUSIVAMENTE INTERESSATI a svolgere attività outdoor?

Noi ci stiamo muovendo.

Non per fare pubblicità perché è l’ultima cosa che ci interessa, ma assieme ad altri che condividono il mio stesso pensiero e la stessa passione per il territorio, stiamo portando avanti una iniziativa (4 Sport Outdoor) per la valorizzazione del territori finalizzate allo sviluppo di attività outdoor anche in inverno, perché l’esempio di altre realtà a livello Italiano e Straniero ci dimostra che è solo una questione di organizzazione e di SERIETA’ da parte degli operatori locali, che una parte importante di reddito può essere prodotta attraverso la stagione invernale, offrendo servizi adatti alle esigenze dei turisti.

E per un pescatore a spinning, il territorio è tutto, per un Sardo, è la vita.

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Partiamo già con dieci punti di vantaggio, grazie alle bellezze naturalistiche o storiche della nostra terra, che si potrebbero integrare attraverso la creazione di percorsi naturalistico-storici legate alle attività outdoor, attività che possiedono già una forte traction a livello nazionale.

Concludo pensando che, per fare ciò di cui si è trattato sopra, si riparte sempre dall’esercito delle lumache, che solo noi possiamo vincere l’inattività ed il passivismo che induce tanti, fortunatamente non tutti, a non prendere parte alle iniziative, pensando sempre che ci sarà qualcun altro a fare ciò che deve esser fatto.

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Tra le tante, una cosa che mi sta particolarmente a cuore è la pulizia dei territori. Non ne posso più di sentire che “Sono rifiuti che porta il mare!”, per quanto concerne le foto esposte, ma ne avrei da raccontare anche per territori di Montagna. E quindi, se li porta il mare, aspettiamo che li riprenda?!?

Organizziamoci, organizzatevi, costruiamo assieme. Se si vuole provare a destagionalizzare i territori, bisogni ripartire da un immagine concreta dimostrando che possiamo riuscirci, partendo dalla serietà e dalla collaborazione che ci contraddistingue quando si tratta di fare quadrato.

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Toh, guarda un po.

Al termine del post, una lumachina si sta muovendo lontano dal gruppo. Vuoi vedere che ci riusciamo anche noi?

A prestissimo!

Matte

PS : Per chi volesse partecipare all’iniziativa o semplicemente saperne di più, la mail è staff@4sportoutdoor.com .